Milano, 15 marzo 2023
Econopoly ha pubblicato un’intervista realizzata da Enrico Verga a Stefano Sutti, Senior Partner dello Studio Legale Sutti, in merito ai seri problemi registrati negli ultimi mesi da Facebook.
Tra gli altri passaggi interessanti del testo, Stefano Sutti spiega che: “Il DPC ha determinato un scenario nuovo per Meta. La filosofia su cui è in sostanza basata la piattaforma sociale comporta l’offerta a chi desidera utilizzare il servizio di accedervi pagando con i dati alla piattaforma stessa esplicitamente o attraverso il proprio comportamento successivo. E se i dati personali appartengono alla persona cui i dati si riferiscono, tale persona può farne l’uso che crede, no? Ora, l’orientamento emerso recentemente in sede europea è che, no, non basta accedere al servizio prestato a queste condizioni per essere in presenza di un valido consenso, e che, no, tale consenso è viziato se non è accessorio e distinto rispetto alla mera registrazione ed attività sulla piattaforma. In altre parole, il EDPB considera questo modo di lavorare di Meta illegale.”
Inoltre, Stefano Sutti puntualizza che: “Le decisioni di EDPB e DPC ridefiniranno il modello di business pubblicitario basato sul targeted advertising, che è l’unico oggi a garantire ritorni sufficienti per finanziare le multinazionali dell’IT. Ora, è verissimo che il consenso è forzato, ma ci si può chiedere se la forzatura non derivi più dalla posizione di relativo monopolio di ciascuno dei grandi player che dal mancato rispetto di formalità distinte. Il che implica che il vero problema sia quello di impedire ai monopolisti stessi di discriminare tra i potenziali utenti, compresi gli utenti business e gli inserzionisti pubblicitari, e non solo sulla base del mancato consenso al trattamento dei dati personali.”
Dopo altre considerazioni, Stefano Sutti conclude: “La permuta di beni tangibili o intangibili, come i dati personali, per definizione muniti di un valore economico se scambiabili contro servizi, implica concettualmente una fattispecie tassabile. D’altronde, se decidiamo coerentemente di tassarla, la cosa non si dovrebbe applicare al solo Meta-Facebook ma a tutte le BigTech i cui servizi siano offerti a titolo gratuito in cambio di un pagamento in dati degli utenti. Ma se questa interpretazione divenisse effettiva ci troveremmo di fronte ad un nuovo scenario dove le multinazionali Bigtech si troverebbero a dover trattare contabilmente e fiscalmente la fornitura di servizi pseudo-gratuiti esattamente come la fornitura di servizi di pagamento. Questo scenario, potenzialmente il più plausibile, rischia tuttavia di erodere i margini di ogni BigTech che abbia fatto della cosiddetta gratuità la chiave della diffusione del suo servizio.”